SOFTMAX - IL RELÈ

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Cos'è un relè?
Fondamenti di elettromagnetismo
Terminologia tecnica
Funzionamento dei relè
Il contatto elettrico
Tipi di relè
     

Cos'è un relè?

Il vocabolo è originariamente francese, (relayer = dare il cambio). Al tempo delle diligenze una stazione di relè era una locanda in cui venivano cambiati i cavalli stanchi con altri freschi, così il vocabolo entrò nella terminologia telegrafica, per indicare un dispositivo capace di convertire segnali deboli, in arrivo da notevoli distanze, con altri ben più forti. Praticamente si può definire il relè un amplificatore di impulsi. In pratica una debole corrente passava attraverso una bobina avvolta su un nucleo ferromagnetico, che, con il campo magnetico generato, causava per lo spostamento di una parte mobile collegata meccanicamente ad un pacco di contatti, i quali, chiudendosi, facevano passare una corrente più elevata nel circuito in cui erano inseriti. Per questa ragione il vocabolo in questione ha avuto una notevole diffusione in campo elettronico ed elettrotecnico.

Il relè ha tre caratteristiche peculiari. La prima consiste nella possibilità di commutare, secondo il numero di contatti impiegati, fino a 12 circuiti elettrici separati elettricamente. Altra caratteristica il rapporto della resistenza fra due contatti, misurata nelle due condizioni di relé a riposo e relé eccitato. La resistenza di isolamento può variare fra 10^9Ω (con isolamento in cartone bachelizzato) e 10^11Ω (isolamento ceramico). La resistenza di contatto va da 1 mΩ (contatti in oro) a 3 Ω (contatti in tungsteno). Pertanto il rapporto fra i due valori è compreso fra 10^9 e 10^15; la corrente che può passare in un contatto chiuso è cioè enormemente maggiore di quella che scorre attraverso l'isolamento, quanto i contatti sono aperti. In un transistor a effetto di campo il rapporto può salire anche a 10^11. Però i transistor hanno la deprecabile virtù di amplificare anche le indesiderate correnti residue, cosa che i reié non fanno con le correnti dovute a perdite nell'isolamento. Dalle proprietà dei contatti si può risalire ad altre proprietà tipiche dei reié. Nella tecnica delle misure un interruttore ideale dovrebbe avere una resistenza di contatto pressoché nulla. In pratica un relé reed, con contatti placcati oro, è una soluzione semplice e senza problemi. Un circuito elettronico invece, nel quale in uscita compaia la stessa tensione applicata all'entrata, è già una faccenda piuttosto complicata, ad esempio un amplificatore operazionale. Il lato più simpatico dei relé è certamente la semplicità, con la quale esso può essere impiegato. Si prende il catalogo del costruttore, si va a cercare in una colonna la tensione di eccitazione, in un'altra colonna il tipo di contatti che occorre; si rileva la codifica per ordinarlo e il gioco è fatto.

A causa delle sue qualità, cui si è già accennato, il relé ha potuto quindi difendere fino ad oggi le sue posizioni. Non si devono naturalmente tacere alcuni lati negativi. Per primo occorre considerare l'inerzia di un relé, che per eccitarsi richiede alcuni millisecondi. Proprio per questa inerzia il relé non è di aiuto per realizzare protezioni di circuiti transistorizzati. Altro difetto è il rimbalzo dei contatti. Anziché fornire un impulso isolato, il relé ne fornisce una serie e questo impedisce di utilizzarlo nella tecnica digitale, a meno che non si ricorra a particolari esecuzioni (ad es. contatti bagnati in mercurio) o a circuiti logici che neutralizzano il rimbalzo (i cosiddetti antirimbalzo, in genere sono dei flip-flop). Per ultimo consideriamo la durata dei contatti. In media essa è di circa 10^5 - 10^6 interventi. La vita meccanica dei relé dipende dal tipo: quello ad ancoretta sopporta circa 10^5, quello reed circa 10^8 operazioni. Si può parlare anche di dimensioni: però il relé ha seguito anche lui le tendenze della miniaturizzazione. A parità di potenza commutata non è detto che il relé sia più voluminoso di un circuito a transistor. Anzi, si sono già visti relé grandi come un transistor, anche se ovviamente non si tratta di tipi di corrente impiego.

Fondamenti di elettromagnetismo

Oltre ai campi generati dai magneti naturali, ne esistono anche altri creati dalla corrente elettrica. Riferitevi ad un conduttore percorso da corrente, le linee di campo corrono attorno al conduttore come cerchi concentrici (Fig. 1).E' infatti una proprietà fondamentale dei campi magnetici prodotti da correnti elettriche il fatto che le linee di forza risultano concatenate con il circuito elettrico che le produce !!! Questa proprietà è assolutamente generale e non soffre alcun tipo di eccezione. Da notare per ultimo che il campo magnetico prodotto nel vuoto (o nell'aria) da una corrente elettrica varia nel tempo con la stessa identica legge con cui varia la corrente che scorre nel circuito. Quindi se la corrente è di tipo stazionario o continuo, il campo magnetico da essa generato sarà allora rigorosamente costante nel tempo !!!!!

Fig. 1

La forza del campo generato dipende dall'intensità della corrente che passa nel conduttore ed è dimostrabile che l'intensità del campo magnetico H in un punto distante d dal conduttore è espressa mediante la formula:

H = I / 2pd

dove p = 3,14 ed I la corrente espressa in Ampere.Se si avvolge un conduttore a forma di bobina, allora si sommano le linee di campo delle singole spire ed il campo viene conseguentemente intensificato. Una determinata intensità di campo si può quindi raggiungere o con un'alta corrente ed un numero minimo di spire, oppure con una corrente bassa ed un appropriato numero più alto di spire. La direzione delle linee di campo e, di conseguenza la formazione dei poli vengono determinati dalla direzione della corrente che percorre la bobina. Se si avvicina un corpo di ferro a questa bobina, questo viene magnetizzato,attirato dalla bobina e se possibile, risucchiato. Nel linguaggio comune la bobina viene indicata come bobina eccitatrice, il ferro attirato come ancora e tutta la disposizione viene designata con il nome di elettromagnete.Tra l'ancora ed in nucleo della bobina eccitatrice c'è però una forza di attrazione bassa fortemente indebolita dalla presenza di un traferro,ovvero un tratto ad alta resistenza magnetica che le linee di forza devono superare per richiudersi. Questo problema viene risolto con l'inserimento di un dispositivo denominato giogo (Fig. 2),costituito da un materiale ottimo conduttore magnetico, ottenendo così un incremento notevole della forza che agisce sull'ancora. Elettromagneti siffatti vengono detti ad ancora ribaltabile ed è proprio il movimento dell'ancora che aziona il pacco di uno o più contatti ad essa meccanicamente collegati.

Fig. 2

NOMENCLATURA PARTI RELE'

1

  Bobina eccitatrice

2   Nucleo di ferro
3   Ancora
4   Giogo

Da notare che dopo l'attrazione dell'ancora le perdite del circuito magnetico diminuiscono sensibilmente,poiché il traferro scompare,e quindi la corrente necessaria a mantenere l'ancora attratta è inferiore a quella della prima attrazione:nei circuiti con autoritenuta viene infatti inserito un resistore zavorra atto allo scopo.Variando il flusso magnetico nel nucleo della bobina,si crea per autoinduzione ai capi della bobina una tensione inversa a quella di alimentazione il cui valore può essere anche un multiplo di quella di esercizio.Il livello della tensione indotta dipende dall'induttanza della bobina e dalla ripidità del fronte di salita della corrente all'atto dell'inserzione. Questa,è fondamentale sottolinearlo può causare gravi danni ai vari semiconduttori ad essa direttamente od indirettamente collegati.Allo scopo è obbligatorio collegare un diodo schottly, quindi con tempi ci commutazione estremamente ridotti, ai capi della bobina nel verso di conduzione concorde con la tensione indotta (beh!! altrimenti fate un bel cortocircuito !!!),che verrà ridotta a circa 1 volt dall'azione del diodo.Non utilizzate, come si trovano spesso in vari schemi, gli 1N4007, sono troppo lenti e non riescono  a smorzare in tempo utile il fronte di salita che si propagherà verso i semiconduttori sfondandoli o come capita <<degradandoli>> nelle loro caratteristiche (tempi di salita e discesa completamente sballati, tensioni di saturazione troppo alte,ecc...),tutto ciò determinerà un funzionamento totalmente o parzialmente anomalo del circuito !!! 

SEGUE . . . . .


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